lunedì 30 settembre 2019

SALVE A TUTTI, DOPO QUESTA PAUSA ESTIVA SIAMO TORNATE CON NUOVI SPUNTI DI RIFLESSIONE.

SCIOPERO 27 SETTEMBRE: CLIMA, UNA RISORSA IMPORTANTE.

  

A quanto pare sarebbero state superate le aspettative in termini di numeri relativamente ai partecipanti al maxi sciopero mondiale per il clima. Da Nord a Sud, i ragazzi di Fridays for future sono stati numerosi.

Si stima che alle proteste abbiano partecipato 170 mila persone, cioè il 3,5 per cento della popolazione.Ma ci sono state persone contrarie a questo movimento come: Vittorio Feltri, direttore di Libero che ha espresso un suo pensiero con toni abbastanza forti:«Qui non è una questione di cuore, è il cervello che manca.» Aggiungendo anche:«Vanno appresso ad una ragazzetta goffa, ignorante come una capretta, non ha studiato nulla. Questi cretini vanno in piazza senza sapere per cosa manifestano. Ho dei conati di vomito.» Ma non è stato l’unico ad esprimere il suo dissenso, il filosofo Massimo Cacciari. Intervistato dai microfoni del Corriere della Sera parlando del Fridays for future, ha confessato: “Se continuiamo ad affrontare i problemi alla Greta siamo fritti. Siamo all’ideologia dell’incompetenza”. Ma questi commenti non hanno demoralizzato i manifestanti, anzi, con un tocco di ironia hanno esposto dei cartelloni(immagine allegata sotto)



Ma ora concentriamoci su Taranto, molte scuole superiori sono scese in piazza per manifestare i propri diritti, molti con l’immancabile striscione “ILVA is a killer.”

Taranto è l’esempio più diretto delle gravissime conseguenze di un inquinamento prodotto da decenni di scelte sbagliate, che hanno messo in primo piano il profitto e hanno dimenticato il territorio e la salute di chi ci vive.
l movimento spontaneo Fridays for future Taranto, ispirato dalla giovane svedese Greta Thunberg, parla di "una lotta globale che diventa locale nel capoluogo ionico più che altrove: basti pensare che tra qualche anno potremmo essere una delle città sommerse dall'innalzamento del livello del mare".
"Taranto senza Ilva", "Ci avete rotto i polmoni", "Sto all'inferno anche da vivo" e "Ci è stato tolto il diritto di vivere" sono alcuni dei messaggi scritti dai manifestanti sugli striscioni. L'acciaieria ArcelorMittal (ex Ilva), sottolineano gli attivisti del movimento Fridays for future Taranto, "è un 'climate monster', rappresentando il maggiore produttore di Co2 in Italia.

“FORZA RAGAZZI, riprendiamoci quello che ci è stato tolto, ma soprattutto riprendiamo in mano la nostra vita.”

mercoledì 20 febbraio 2019

La Cittadinanza e le sfide della Bellezza


Salve a tutti!

Siamo le allieve del  corso OF/17 “Operatore del benessere indirizzo Estetica” del CIOFS/FP Puglia di Taranto. Studiamo la bellezza delle donne e, allargando i nostri orizzonti, ci siamo rese conto che vogliamo trovare la bellezza in ciò che ci circonda perché non ce ne siamo mai rese conto. La nostra città, bella come poche, è il nostro punto di partenza, la nostra identità, il nostro ritrovarci insieme. In occasione della partecipazione al concorso nazionale “Cittadinanza con parole mie” indetto dal CIOFS Nazionale abbiamo realizzato questo Blog dal titolo “La Cittadinanza e le sfide della bellezza” attraverso lo strumento dell’Unità di Apprendimento con il coinvolgimento di 5 Docenti ed altrettante discipline: Italiano, Informatica,  Chimica e cosmetologia, Scienze naturali, Diritto ed educazione civica. 
Il Blog ha lo scopo di trasmettere attraverso uno strumento moderno e dinamico il concetto di cittadinanza inteso come diritto alla bellezza per valorizzare il territorio, tutelare i valori e l’identità culturale della nostra città migliorandone la qualità di vita. 
Taranto è una città martoriata dall’inquinamento e conosciuta all’esterno per le conseguenze provocate dallo stesso sull’ambiente, ma è anche una città bellissima ricca di storia, testimonianze di un passato glorioso e risorse naturali meravigliose come il mare delle nostre coste. 
L’attuale degrado della città è anche segno evidente di scarso senso civico della popolazione e scarsa partecipazione alla vita pubblica, da qui l’idea di un blog  quale strumento di comunicazione privilegiato soprattutto tra i giovani per confrontarsi sugli aspetti negativi e positivi della nostra città ed in particolare per  collaborare alla diffusione del senso civico e della partecipazione alle attività della comunità. 
Per la realizzazione del Blog in collaborazione con i Docenti stiamo realizzando ricerche, articoli, video e foto che raccontano la città per diventare oggetto di confronto con  i nostri follower.

Seguiteci!!!!!!!!!!!!!!


IL CASTELLO ARAGONESE

MODULO DI ITALIANO - DOCENTE MARIA CARICATO

Il castello Aragonese fu costruito intorno all’anno 1000, per proteggere la città, ora il Borgo Antico, dagli attacchi dei Saraceni.   Inoltre, per permettere la navigazione di piccole imbarcazioni, i tarantini realizzarono un piccolo canale. Nel 1486 Ferdinando II D’Aragona modificò le torri per introdurre i cannoni, in quel periodo storico assunse le sembianze che ancora oggi possiamo ammirare ovvero, torri basse e larghe. Col passare degli anni il castello perse il suo valore, ma Napoleone lo riportò alle sue origini.  Nel 1887 fu affidato alla Marina Militare Italiana e vennero abbattute alcune torri per poter costruire quello che oggi noi chiamiamo Ponte Girevole. Il 23 Gennaio 2019, abbiamo avuto l’occasione di fare una visita guidata al Castello Aragonese di Taranto. La nostra guida è stata un militare della Marina Militare Italiana che ci ha condotte all’interno del Castello; ci ha spiegato la storia e illustrato le testimonianze lasciate dai suoi antichi abitanti.
Tra tutte le stanze visitate, ci ha impressionato la vecchia prigione dove ancora erano presenti, segni la sciti sulle pareti dai carcerati. Abbiamo, poi, visitato le stanze dei cannoni e osservato delle teche con all’interno dei frammenti di ossa e un piccolo gatto imbalsamato, ritrovato nelle mura durante gli scavi.
Su per la Torre principale, la vista incantevole della città è unica e francamente non avevamo la più pallida idea che potesse essere così.  Siamo, inoltre, scese a vedere il mare, dove alcune di noi hanno fatto delle foto, con la bellissima giornata di sole e il blu meraviglioso del mare.

Qui, è nata una riflessione fra noi tutte sulla bellezza della città, dei suoi colori, del profumo del mare, nonostante il forte inquinamento che ci circonda. Abbiamo compreso in quel momento che è importante tutelare e proteggere la nostra città e che tutti dobbiamo assumerci questo impegno.



mercoledì 13 febbraio 2019

MODULO DIRITTO ED EDUCAZIONE CIVICA

DOCENTE ANNA SPINELLI

Il concetto di bellezza ha attraversato tutta la storia dell’Occidente e dell’Oriente. La sua elaborazione è sempre stata al centro del pensiero filosofico e teologico, sin dall’inizio della nostra civiltà.
«Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia.
Accanto al rispetto della natura occorre però salvaguardare il patrimonio storico-artistico e culturale di una città, in modo tale che le sue diverse identità possano essere custodite e preservate. Occorre integrare la storia e prestare attenzione alle identità culturali Non si tratta dunque semplicemente di conservare dei monumenti, la cultura va intesa in senso partecipativo, attivo, va ripensata globalmente in un rapporto tra essere umano e ambiente
Per questo sviluppo armonico della città nella natura occorre un cambiamento dei nostri paradigmi tradizionali, in un’integrazione tra ecologia e giustizia sociale. Per un «progetto di pace, bellezza e pienezza» (LS, n. 53). Papa Francesco fa emergere come in realtà non si possa parlare di bellezza senza una giustizia sociale che ascolti il gemito della terra e il grido dei poveri. La constatazione del degrado in cui versa la nostra società , non deve tradursi nella sfiducia e nella rassegnazione, perché è ancora possibile lavorare e collaborare per migliorare e custodire quanto abbiamo ricevuto in dono, nella consapevolezza che «Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza» (LS, n. 205).

GUARDA I NOSTRI VIDEO


  

FOTO DELLE RIPRESE






Hanno partecipato le allieve:
ANGELINI BIANCA,  COLELLA CHIARA, FAGO ANNALISA, FIORENZA STEFANIA, GALIZIA ILARIA, INERTE SIMONA, INSITO NATASHA, , MARANGELLA GIUSY, NOVELLINO ANNA, OCCHINEGRO ANGELA MORENA, SOLITO COSIMA, TURSI FEDERICA, UVA ELISABETTA, FERRIGNI MARIA, DE BARTOLOMEO GRAZIELLA, ZITO EMILIA, PACIFICO MARIANGELA.


LE MASSERIE E GLI ULIVI NEL TERRITORIO TARANTINO, PATRIMONIO DA RECUPERARE

MODULO DI SCIENZE NATURALI - DOCENTE: RAFFAELLA TROVATO

Alunne partecipanti:  Ilaria Galizia, Chiara Colella, Cosima Solito, Anna Novellino, Alessia Maria  Raffo

LE MASSERIE E GLI ULIVI NEL TERRITORIO TARANTINO

PATRIMONIO DA RECUPERARE


Le masserie sono il simbolo della civiltà contadina di tutto il territorio pugliese.
La loro costruzione nasce dalla necessità di assicurare una migliore cura e gestione delle grandi proprietà terriere.  Si crearono vere comunità di  famiglie dei contadini e dei proprietari, che organizzavano la  loro vita seguendo  i ritmi della coltivazione della terra.

Gli edifici sono circondati da spessi muri e comprendono vasti giardini interni e quasi sempre c’è la cappella. Oltre alla casa principale dei proprietari, ci sono le abitazioni dei lavoratori e le aree per il lavoro. Tutt’intorno vengono coltivati ulivi, mandorli o viti, a seconda delle caratteristiche dei territori. Si conoscono diversi tipi di costruzioni di masserie:
  • a corte, la masseria viene costruita all'interno di mura che la racchiudono, difendendola dalle minacce esterne
  •  tetto a trullo: case, pagliai hanno il tetto a trullo e sono di diversa grandezza. 
Le fonti storiche riportano che la nascita delle prime "masserie" risalga al 1200 con l'aggregazione dei contadini in gruppi più numerosi nelle masserie e nei casali.
La parola masseria probabilmente deriva da parole latine con il significato di “campagna” e “casa”.
Oggi molte masserie della Puglia sono ancora “in piedi” e sono state restaurate e destinate al turismo o come resort di lusso. Gli ambienti interni della masseria, come i frantoi o le mangiatoie, sono stati restaurati con cura per far riscoprire la cultura e la tradizione contadina ai turisti.
Per valorizzare ancora di più questo caratteristico territorio, è nato nel 2007 il Consorzio “Le Cento Masserie” di Crispiano (in provincia di Taranto), che ha il compito di promuovere l’immenso patrimonio storico, artistico, paesaggistico, culturale ed eno-gastronomico di questa terra.
I turisti vengono accompagnati da guide turistiche specializzate e possono visitare le tante masserie, ammirare le cappelle restaurate e gustare le specialità  del territorio. Altre masserie purtroppo sono completamente abbandonate e le ritroviamo o lungo le strade statali o nelle campagne, ma spesso anche all’interno delle città. E’ famosa la masseria Solito di via Plateja o quella Ospedalicchio, nella nuova zona di Taranto 2, completamente inglobate e nascoste dai palazzi.
Il territorio tarantino è famoso anche per essere la terra degli ulivi. Già dal 1700   l’ulivo divenne la coltivazione principale  e l’olio di Taranto, considerato molto pregiato, iniziò ad essere commercializzato in tutta Europa.  I terreni ed il clima permettevano la crescita ottimale degli ulivi.  Molti di questi ulivi sono presenti nella provincia di Taranto ancora oggi e sono gli esemplari più antichi al mondo, delle vere e proprie sculture che assumono forme ed aspetti quasi mostruosi, molto caratteristici.  A Manduria, in provincia di Taranto, si trova l’ulivo Barone che ha più di 2000 anni.
Purtroppo negli ultimi anni una brutta malattia sta colpendo gli ulivi pugliesi. Sono stati attaccati da un batterio, la “Xylella fastidiosa”, che trasportato sulla pianta da un comune insetto, inizia a vivere nella pianta  e lentamente provoca la secchezza dei rami , l’ingiallimento delle  foglie e la morte della pianta stessa, soprattutto di quelle più vecchie . Fin da quando fu isolato , nel 2013, il batterio su alcuni ulivi colpiti da disseccamento rapido,  è stato deciso l’abbattimento delle piante infette per evitare la sua diffusione alle piante sane; successivamente sono state abbattute anche le piante sane presenti a  100 metri da quella infetta.

Masseria a trullo ristrutturata

Masseria abbandonata
Esemplare di ulivo del territorio tarantino


Ulivi abbattuti



IL QUARTIERE TAMBURI DI TARANTO

MODULO SCIENZE NATURALI - DOCENTE: RAFFAELLA TROVATO

Alunne partecipanti: Federica Tursi, Elisabetta Uva, Maria Ferrigni, Natasha Insito

IL QUARTIERE TAMBURI DI TARANTO

Il nome "Tamburi" del  quartiere di Taranto deriva  da "tamburo", con cui si indicava il recipiente destinato alla raccolta delle acque provenienti da un “cunicolo” (piccolo canale) posto su una collinetta:  lì sorgeva l'antico Acquedotto (1543), che forniva le  acque per l'intera città. 
Il quartiere "Tamburi" nacque agli inizi del 1900 lungo un'area famosa a quel tempo per la folta vegetazione (ulivi e pini) e per la salubrità dell'aria.
I primi complessi abitativi furono edificati al di là della Porta Napoli (la parte della città vecchia), e sorsero con l'esigenza di far risiedere le famiglie dei dipendenti degli impianti ferroviari che erano stati costruiti  nella zona. 
Il quartiere si affaccia sul primo seno del mar Piccolo (vedere ricerca sul Mar Piccolo), godendo di un panorama molto suggestivo sulla città nuova. 
In seguito, con lo sviluppo della zona industriale e soprattutto con la costruzione dell'acciaieria Italsider a metà degli anni 60, questo rione iniziò ad espandersi lungo le arterie stradali che conducono verso la Valle d'Itria e la zona occidentale della provincia.
La costruzione della grande industria negli anni ‘60 nel territorio tarantino è  stata considerata  una vera “manna dal cielo” , perché ha dato occupazione e benessere a tutta la popolazione. Prima dell’avvento dell’Italsider le occupazioni principali erano la mitilicoltura nel Mar piccolo, l’agricoltura e pastorizia. La campagna intorno alla città era piena di ulivi e masserie (vedere ricerca di masserie ed ulivi).
Adesso purtroppo il territorio sta pagando duramente, poiché tutte  queste attività negli anni hanno subito gravi danni, proprio a causa dell’inquinamento causato dall’ industria costruita in modo scellerato troppo vicino alla città ed in particolare a questo quartiere.
Solo una strada e delle piccole colline separano il più grande centro siderurgico d’Europa ad un quartiere che, come abbiamo detto prima, un tempo era famoso per la salubrità dell’aria e che oggi più di tutti paga un prezzo molto alto, in termini di salute delle persone.

I rischi ci sono ogni giorno, ma in particolare  nei “ Wind Day” , quando la velocità del vento supera determinati limiti e proviene dal settore NORD – OVEST, si disperdono sul territorio dei Tamburi grandi  quantità di polveri ed inquinanti di origine industriale,  in particolare il particolato PM10  e il benzo (a)pirene (inquinante cancerogeno). 
La dispersione di questi inquinanti determina un  aumento del rischio di malattie per tutti i cittadini, ma  in particolare per coloro  che risiedono a ridosso dell’area industriale. 
Quindi tutte le volte che l’agenzia per l’ambiente (ARPA Puglia) segnala avverse condizioni metereologiche con   un possibile aumento del PM10 oltre la soglia di legge 3) , da poco più di un anno,  è stata fatta ordinanza dal sindaco di chiusura delle scuole o riduzione dell’orario.   Già esisteva  dal 2012 sul quartiere  il divieto ai bambini di giocare nei giardini e di stare a contatto con la terra, perché ricca di inquinanti provenienti dall’industria . 

Quartiere Tamburi visto dalla città vecchia con alle spalle l’industria

Esempio di polveri che si sollevano dall’aera industriale
Ordinanza di chiusura delle scuole nei giorni di Wind Day


IL MAR PICCOLO E LA MITILICOLTURA

MODULO DI SCIENZE NATURALI - DOCENTE RAFFAELLA TROVATO

Alunne partecipanti: Annalisa Fago,  Mariangela Pacifico, Simona Inerte, Giusy Marangella, Graziella De Bartolomeo

IL MAR PICCOLO E LA MITILICOLTURA
Vogliamo ora parlarvi del mare che si trova all’interno alla città, detto Mar Piccolo, diviso in due “Seni”: il primo ha la forma che ricorda un triangolo ed è quello collegato direttamente al Mar Grande tramite il Canale Navigabile (sotto il ponte Girevole) ed il canale di mare che passa sotto il ponte di Sant’Egidio (noto anche come ponte di pietra) ; il secondo seno ha invece la forma di un'ellisse  ed è quello più interno.
Sia il Mar Piccolo che il Mar Grande, potrebbero avere antichissime origini vulcaniche. Nel Mar Grande e nella parte settentrionale di entrambi i seni del Mar Piccolo sono localizzate alcune sorgenti come quella del fiume Tara, del Galeso e del Battendieri. 
Esistono anche delle sorgenti sottomarine chiamate “Citri”, che apportano acqua dolce non potabile mista ad acqua salmastra, creando una condizione idrobiologica ideale per la coltivazione dei militi, comunemente chiamati "cozze". I Citri di Taranto prendono il nome dal vocabolo greco KYΘPOΣ (chytros), ovvero pentola, a cui la fantasia popolare associava il bollore dell’acqua messa a scaldare sul fuoco.
Nei due seni del Mar Piccolo si trovano, quindi, le condizioni ideali di crescita delle cozze tarantine, famose in tutto il mondo.  I primi documenti che riportano le “cozze negre” come risorsa della città  sono risalenti al 1525.
Il loro modulo produttivo chiamato “quadro o camera” è composto da: pali di castagno con “ventie” (cime per il sostegno delle reste) disposte orizzontalmente e tese tra i pali e con l’uso di corde (reste)  in fibra vegetale legate sulle ventie. Le cozze tarantine che arrivano su i nostri piatti hanno circa 16-18 mesi di vita e altrettanto di lavoro dei miticoltori. Al fine di poter contare su un ciclo completo, che ogni anno consente di poter produrre in primavera- estate individui adulti da commercializzare.
Sulle coste del Mar Piccolo, precisamente sulla Circumarpiccolo, sorge anche la Palude La vela, Oasi WWF (oggi Riserva Regionale Orientata), famosa per  rappresentare una tappa intermedia importante per le specie di uccelli che migrano dal nord dell’Europa verso i paesi più caldi, che qui nidificano nei salicornieti e svernano. C’è anche una pineta di pini marittimi e diversi esemplari di arbusti tipici della macchia mediterranea.
Negli ultimi anni, nelle acque del Mar Piccolo è possibile osservare anche diversi esemplari di  cavallucci marini. 

Uccelli migratori nella Palude la Vela

I due Seni del Mar Piccolo
Pali delle cozze nel Mar Piccolo



Inquinamento da plastica nelle acque  del Mar Piccolo
Ma, purtroppo, dobbiamo rilevare che il Mar piccolo ha subìto negli anni l’effetto devastante della grande industria siderurgica, che ha riversato nelle acque diverse sostanze tossiche, causando inquinamento dei fondali.  La diossina, il  PCB e metalli pesanti sono stati ritrovati in diversi raccolti di mitili negli ultimi anni, tanto che diverse tonnellate di raccolti sono state mandate al macero ed i pali delle cozze sono stati spostati nel Mar grande e nel seno più interno del Mar Piccolo. Il commercio delle cozze ha subito gravissimi danni e diverse ditte hanno dovuto licenziare il personale e chiudere.  Inoltre, come molti mari, anche il Mar Piccolo è inquinato dalla plastica, che si deposita sui fondali e sulle spiagge ai margini del mare e quando si eseguono le pulizie dei fondali si ritrovano carcasse di automobili, elettrodomestici e pneumatici